08/02/15
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Cuori e frecce per misurare - Aztechi
Due antichi codici svelano il complesso sistema che il popolo centro-americano usava per stimare l'entità dei terreni e dei tributi dovuti dai loro proprietari

Frecce, cuori, mani come unità di misura per terreni e tasse. Così gli Aztechi stimavano l'ampiezza degli appezzamenti e le tasse dovute dai proprietari. Lo affermano su Science Barbara Williams and María del Carmen Jorge y Jorge, dell’Università Nazionale Autonoma di Città del Messico, dopo aver analizzato due antichi manoscritti rispettivamente del 1540 e del 1544 a.C.
Dalla lettura dei registri della città di Tepetlaoztoc i due ricercatori hanno scoperto che anche l'antico popolo centro-americano usava le frazioni per misurare i terreni e valutare il loro valore: al posto dei numeri però, gli aztechi usavano simboli che rappresentavano parti del corpo umano, come mani e braccia, oppure anche armi, come le frecce. Per esempio, il simbolo della freccia rappresentava la distanza che c’è fra la spalla e la mano (quella di un braccio steso per tendere l’arco), la mano rappresentava invece quella tra il polso e le punta delle dita. “E’ molto naturale. Noi ci portiamo sempre dietro il nostro corpo, quindi è molto più semplice usarlo come unità di misura per ciò che vogliamo studiare”, ha commentato María del Carmen Jorge y Jorge.

Lo studio svela alcuni misteri legati al modello di calcolo usato dagli aztechi e mostra inoltre quanto il sistema delle frazioni da loro adoperato sia simile al sistema moderno di conversione dei minuti in ore, dei pollici in piedi. (g.r.)

http://www.galileon et.it/news/ 9738/cuori- e-frecce- per-misurare

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Gli aztechi e la registrazione dei terreni

Il sistema di calcolo ricorda da vicino sia il sistema sessagesimale per il computo delle ore e dei minuti, sia quello anglosassone dei piedi e dei pollici

Risalgono agli anni 1540-1544 i due manoscritti aztechi ritrovati da Barbara Williams dell’Università del Wisconsin - Rock County a Janesville e María del Carmen Jorge y Jorge che testimonierebbero, secondo le conclusioni di uno studio pubblicato sull’ultimo numero di “Science”, l’esistenza di una forma di aritmetica in questa civiltà scomparsa.
Il Códice de Santa María Asunción e il Codex Vergara, contengono infatti una serie di simboli, quali cuori, mani e frecce stilizzate, che permettevano di rappresentare e calcolare le frazioni e di applicarle al monitoraggio e alla registrazione delle suddivisioni dei terreni agricoli tra i diversi proprietari.
Gli studi effettuati in quest’ultimo lavoro hanno preso le mosse sia da un’analisi etica (cioè sulla base della moderna matematica e su un punto di vista esterno alla cultura azteca) concernente le prove di un calcolo delle aree con algoritmi e calcoli con frazioni, sia da un’analisi emica (cioè basata su cincetti che hanno significato all’interno della cultura azteca) che si è focalizzata sull’interpretazione della conoscenza indigena e delle procedure che fanno parte delle categorie metrologiche espresse dagli ispettori e da coloro che hanno riportato disegni e note per iscritto.
Dalle analisi risulterebbe che il sistema di calcolo era basato su un’unità di misurazione della distanza, con un sistema di multipli e di sottomultipli che ricorda da vicino il sistema sessagesimale per il computo delle ore e dei minuti, nonché dei piedi e dei pollici nel sistema metrico anglosassone.
Oltre a ciò, lo studio costituisce una nuova e indipendente base per l’interpretazione di altri scritti del periodo coloniale spagnolo e di testi redatti con l’alfabeto di Nahuatl, rimasti finora poco compresi. (fc)

http://lescienze. espresso. repubblica. it/articolo/ articolo/ 1327127




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